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Nella Bassa Romagna, panorami sospesi tra acqua, terra e cielo restituiscono a chi vi arriva una profondità di campo che lo sguardo non riesce ad abbracciare per intero.

La bicicletta è certo il mezzo più adatto per conoscere da vicino e in modalità la sua campagna ricca e ben ordinata e per percorrerne gli argini, perfetti punti di osservazione per scoprire quelle “emergenze” storiche che sorgono in un orizzonte segnato da vie d’acqua e costellato da pievi, oratori, ville padronali, case coloniche, rocche e palazzi nobiliari.

Terra e Acqua è un itinerario che racconta la storia di un territorio cambiato nel corso dei secoli insieme e in sintonia con il mutato rapporto tra questi due primordiali elementi.

INFORMAZIONI PRATICHE

INFO

  • Interessi: Benessere, cultura
  • Durata: 48 h
  • Lunghezza: 60 km
  • Target: Cicloturisti, Amici, Coppie
  • Quando: Tutto l’anno

MAPPA

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PERCORSO

PRIMA TAPPA
Lugo – Massa Lombarda (10 km)

Il territorio della Bassa Romagna è storicamente chiamata Romagna estense che nei secoli XV e XVI, sotto il Ducato di Ferrara, aveva Lugo per capoluogo, da cui parte l’itinerario. La città, celebre perchè diede i natali all’asso dell’aviazione nazionale Francesco Baracca, si trova nella fertile pianura tra i fiumi Santerno e Senio, immersa in un reticolo di strade e canali naturali e artificiali dove sono ancora riconoscibili i segni della centuriazione romana, a cominciare dall’asse principale della Via Emilia. La sua stessa topografia urbana si è sviluppata, in età medievale, attorno a un asse centuriale: l’abitato era collegato lungo il cardo al porto e alla pieve di San Giovanni in Liba. La posizione era favorevole sia per la vicinanza della via Emilia, per il traffico del sale che da Cervia e Ravenna arrivava a Bologna, sia per la posizione mediana tra bacino idrografico padano e i territori transappenninici. Vi erano diversi piccoli porti vallivi che favorivano il trasporto via terra e la nascita di mercati locali, arricchiti anche da una fiorente produzione agricola.
L’importanza di Lugo e del suo castrum sono attestate dalla Descriptio Romandiole, il censimento della Romagna redatto nel 1371 dal cardinale Anglico Grimoard, e dalla Rocca Estense che ne domina il centro storico ancora oggi.
Proseguendo dal Parco del Loto verso Massa Lombarda, superata Villa San Martino si attraversa il fiume Santerno grazie al ponte ciclopedonale “Pungèla”, struttura ottocentesca che è stata ricostruita nei primi anni Cinquanta a seguito della sua distruzione con il passaggio del fronte i soldati tedeschi.
Inoltre lungo il corso del fiume Santerno vi è Sant’Agata, strettamente legata al suo fiume, importante via di comunicazione fra Spina e l’Etruria fin dall’epoca preromana, che ne ha fatto una città contesa per la sua posizione strategica già dopo l’anno Mille.

SECONDA TAPPA
Massa Lombarda – Conselice (15 km)

Massa Lombarda prende il nome da la massa Sancti Pauli, un agglomerato agricolo ai margini della selva di Lugo ovvero un insieme di fondi rustici attorno a una chiesa dedicata a San Paolo, e da quando arriva nel 1251 la città accolse numerose famiglie provenienti dai territori, appunto lombardi, di Brescia e di Mantova, che sfuggivano alle vessazioni di Ezzelino da Romano. Ai nuovi coloni vennero assegnate terre, suddivise in quadrati regolari, in cambio dell’impegno a bonificarle e a destinarle all’agricoltura.
La città, soprattutto a seguito di un bonifica delle zone paludose tra Otto e Novecento, vede nel suo territorio uno straordinario sviluppo agricolo, caratterizzato dall’impianto di frutteti e dall’attività di magazzini ortofrutticoli. La città è chiamata anche il “paese della frutta”, tanto che nel 1927 arriverà a ospitare la II Esposizione Nazionale di Frutticoltura; non è un caso che attorno alla metà degli anni ’70 qui sia sorto il Museo della Frutticoltura.
Proseguendo lungo l’itinerario di terre e acque, si giunge al suggestivo del vecchio lavatoio (oggi luogo di incontro per performance teatrali, narrazioni, musica e danza) alimentato dalle acque del Canale dei molini di Imola e Massa: un tracciato di circa 40 km che dal Santerno circonda Imola e tocca Bubano, San Patrizio, Conselice, Lavezzola, e correndo lungo la via Selice va a confluire nel fiume Reno nei pressi del ponte detto “della Bastia”. Si tratta probabilmente di un’opera romana ripristinata nel VI secolo dai monaci benedettini del monastero di Santa Maria in Regola allo scopo di bonificare i terreni depressi; fu una straordinaria idrovia per il trasporto di merci su piccole imbarcazioni che prende il nome dai numerosi mulini che alimentava lungo tutto il percorso.
Si lascia Massa Lombarda superando il Santuario della Consolazione e l’interessante cimitero monumentale, per poi bere un sorso d’acqua nei pressi della Pieve di Santa Maria in Centumlicinio o di Fabriago con il suo antichissimo campanile cilindrico.
Prima di arrivare a Conselice si attraversa il territorio di San Patrizio, frazione della stessa Conselice: si tratta di una pieve documentata fin dal 1092 e attorno alla quale si formò il villaggio di San Giovanni in Pentecaso, esistente fino a metà del Duecento, che fu spesso causa di lite tra Conselice e Massa Lombarda in virtù della favorevole posizione tra terre boschive e valli.
La frazione vanta la permanenza di un mulino costruito verso la fine del XV secolo, sopra il Canale dei Molini di Imola e Massa Lombarda, costituito da un corpo di fabbrica originario (l’antico opificio, proprietà del duca Francesco Pico della Mirandola) su pianta rettangolare che sovrasta l’alveo del canale con due arcate; pur conservando i vecchi macchinari, ha subito evidenti interventi di ristrutturazione ed ampliamenti negli ultimi anni Cinquanta.

TERZA TAPPA
Conselice – Ca’ Massari (3 km)

Il territorio di Conselice, situato al centro di una fitta rete idrografica, è caratterizzato da un millenario rapporto con l’acqua dei fiumi e delle ampie distese vallive: compreso tra i fiumi Sillaro a ovest, Reno a nord e Santerno a est, è attraversato dal Canale Zaniolo, un ampio collettore proveniente da Mordano, e dal già citato Canale dei Molini di Imola e Massa Lombarda. E’ grazie a quest’ultimo che Conselice divenne il porto di Imola, e il toponimo, che si rifà alla denominazione Portum Capitis Silicis in un documento del 1084, si rifà anche al fatto che il canale dopo aver costeggiato la via Selice si inoltrava nelle valli per raggiungere il Po di Primaro.
Nella zona di Conselice sono ancora ben visibili le tracce della centuriazione del II sec. a.C.,  cioè quando al tempo della Roma repubblicana, il territorio fu sottoposto a una ripartizione del terreno in quadrati regolari da assegnare ai coloni, ancora oggi visibile (decumano massimo la via Emilia, cardo massimo la via Selice), oltre a un’opera di bonifica e di regolazione delle acque.
Nel 1435 si hanno testimonianze di prati, boschi, selve, paludi, valli e piscarie dove si poteva “pescare et ucelare secondo l’usato”,  mentre tra Sette e Ottocento gli spazi incolti lasciano sempre più spazio a risaie e piccoli campi coltivati. In particolare in quegli anni, nei terreni acquidosi e improduttivi, si diffonde la risicoltura: è proprio negli specchi d’acqua delle risaie che si diffonde l’allevamento dei ranocchi, tanto da far guadagnare al paese l’appellativo di “terra dei ranocchi”, come ci ricorda un curioso monumento al ranocchio posto al centro della rotonda d’ingresso al paese. Altra scultura che ci racconta uno di questi aspetti del territorio è quella dedicata a mondine e scariolanti, eretta nel 1990 nel centenario delle lotte delle mondine che sfociarono in un tragico eccidio: tra la fine dell’Ottocento e gli albori del nuovo secolo si costituì una cooperativa di braccianti di Conselice, Lavezzola e San Patrizio che ha poi segnato il riscatto economico e sociale di queste genti. Nella caratteristica piazzetta Guareschi poi, ci si può circondare di scene e volti popolari ispirati al “mondo piccolo” appunto di Guareschi e ai paesaggi vallivi di questa terra.
In Piazza della Libertà di Stampa una vecchia macchina da stampa a pedale c’è il “Monumento alla Stampa Clandestina e alla Libertà di Stampa” che ricorda il forte impegno del Comitato di Liberazione della Bassa Romagna.
Proseguendo verso il confine ferrarese, a pochi chilometri dal centro,  si arriva all’Agriturismo Cà Massari, che può costituire un comodo e strategico punto di ristoro e di soggiorno

QUARTA TAPPA
Ca’ Massari –Lavezzola (9 km)

La Cooperativa Agricola Braccianti (CAB) Massari, nata dalla fusione nel 1997 con altre CAB, affonda le sue origini come abbiamo visto a inizio secolo: nel 1919  la cooperativa di braccianti, ovvero la Federazione delle Cooperative di Ravenna, acquista la tenuta Massari, fino allora proprietà della famiglia Massari Zavaglia di Ferrara che aveva sfruttato la coltivazione a risaia di queste terre basse e acquidose. Sono così i nuovi cooperatori a mettere in atto nuove e importanti opere di risanamento di quei terreni paludosi, fondamentali per avviare nuove colture asciutte. In particolare la sua vicenda si salda a quella di Conselice e ne traccia gran parte dello sviluppo, secondo il sistema di valori solidaristico che contraddistingue il movimento cooperativo. Una realtà fondamentale, che ha saputo resistere alla durezze del ventennio fascista, poi risorgere dalle macerie della guerra, riuscendo a dare lavoro a un territorio povero, dove l’unica ricchezza erano proprio le braccia dei lavoratori, i “braccianti”. Oggi la si può definire una vasta azienda agrituristica, che ha saputo coniugare le attività agricole con il turismo e la ristorazione, mantenendo vive testimonianze del passato come l’opificio del tabacco e del riso
Si prosegue lungo il Canale Zaniolo, che con il parallelo cavo Gambellara, entra nel Canale di bonifica in destra di Reno in corrispondenza della “Botte Selice”, per poi proseguire sino al Reno. Verso il centro di Lavezzola è inevitabile scorgere Vallesanta e l’oasi protetta di Campotto oltre il corso d’acqua, ambienti che catturano emotivamente per il fascino indiscusso che si esalta soprattutto con le nebbie autunnali o con gli accesi colori della luce al tramonto.

QUINTA TAPPA
Lavezzola – Santa Maria in Fabriago (12 km circa)

Lavezzola nasce nel XV secolo come feudo che gli Este concedono a Giacomo della nobile famiglia dei Lavezzoli: la concessione del territorio compreso fra il Po di Primaro e la località La Frascata garantiva la sicurezza dei confini settentrionali della Romandiola. Il piccolo centro si ergeva in un paesaggio vallivo che, dalla sponda destra del fiume, si incuneava verso Sud, dove fluivano le acque del Senio e del Santerno che stagionalmente facevano riaffiorare terre emerse e colmavano di detriti gli specchi acquitrinosi.
Il “torbidissimo” Santerno, con le sue divagazioni di percorso, fu prezioso per la bonifica dei terreni, mentre il Canale Zaniolo, ampio e di notevole portata, era funzionale sia alla navigazione sia alla molitura.  Nel Trecento se ne attesta la navigabilità con una catena, “un posto di blocco” alla Bastia per la riscossione dei dazi e per contrastare traffici illeciti. Inoltre nel 1565 alimentava ben venti mulini e sembra che anche la sua denominazione tragga origine dalla proprietà di un certo mugnaio Martino, come risulta da un atto notarile del Trecento che cita il fossatum Martini Zanioli.
Inoltre per secoli fu fondamentale il Primaro, una sorta di arteria stradale con i suoi percorsi via acqua e sugli alti argini, sopraelevati, asciutti e facilmente percorribili a ridosso delle bassure paludose circostanti.
Data la morfologia del territorio, è sempre stato necessario governare le acque per gestione rotture che, annualmente inondavano la campagna, allagavano i coltivi e impedivano l’attività molitoria. Problemi che verranno risolti con l’immissione definitiva del Reno nel Po di Primaro, grazie a lavori di scavo e arginature con foce a mare alla fine del XVIII secolo.
Nel cuore dell’abitato merita un’occhiata l’ottocentesca Villa Verlicchi, per poi procedere verso La Frascata, il cui toponimo deriva dal diritto “di frasca” di cui godevano i primi abitanti dediti alla pesca e alla caccia, prima di strappare alle acque e alle selve terra coltivabile. Dopo aver oltrepassato l’Oratorio di Passogatto e il Santuario Vergine di Loreto, si attraversa poi il ponte sul Santerno.
Prima di arrivare a Santa Maria in Fabriago, si attraversa San Bernardino, passando accanto a una piccola via detta “carrara della fortuna”, dove alla fine dell’Ottocento si “sgonfiò” una mongolfiera decollata da Bologna: il passeggero atterrò sano e salvo e dove la mongolfiera toccò terra è ancora collocato un cippo. All’uscita del paese, si può ammirare la seicentesca Villa Tamba (in località Bellaria). Si giunge infine a Santa Maria in Fabriago.

PRIMA deviazione
DALLE RIVE DEL SANTERNO  (a/r 21 km)

Partendo dalle rive del fiume Santerno ci si addentra nella campagna sospesa tra acqua, terra e cielo: un percorso tra oratori, santuari, antiche ville e ponti sui fiumi, da Passogatto a Voltana fino a San Bernardino.

Per vedere l’itinerario della deviazione, clicca qui

SESTA TAPPA
Santa Maria in Fabriago – Lugo (11 km circa)

Santa Maria in Fabriago è posto sulla sinistra del Santerno e, come la vicina località di Campanile, era compreso nella Pieve di Santa Maria in Centumlicinia.
La vicinanza del porticciolo vallivo di Petredolo, vitale punto di comunicazione con il Primaro, è tuttora testimoniata da via Predola, che corre nella campagna di Fabriago: toponimo riconducibile appunto all’antico porto Petredolo o Predolo. Attorno all’VIII secolo il territorio di Fabriago, circondato dalle acque, era un fundus costituito da famiglie dedite alla pesca e alla caccia. Attorno alla metà del Duecento la comunità di Fabriago rientrò negli ampliati confini di Lugo, dopo inondazioni che avevano reso insalubre il territorio. Il toponimo Santa Maria in Fabriago è abbastanza recente e localizza il territorio un tempo chiamato Bruciata o Brusata dal fondo di un certo Brusatus de Fabriaco (1188). Dopo l’inalveamento del Santerno (1460), il territorio assunse l’appellativo di Brusata di qua e Brusata di là in riferimento al fiume che l’attraversava e, in prossimità dell’argine sinistro, in un punto ipù alto del terreno, fu costruito un presidio fortificato attorno al quale si costituì il borgo abitato. Del Seicento è poi il primo nucleo di quello che diventerà il Castello di Fabriago, con rimaneggiamenti e rifacimenti successivi.
La storia di Fabriago rispecchia il rapporto tra terra e acque, da un lato ostili all’insediamento umano, dall’altro essenziali al sostentamento dell’economia e funzionali ai traffici e agli scambi commerciali. Dopo il Mille, divenne un fiorente castrum, ma già verso la fine del XII secolo subì una nuova crisi idrogeologica che provocò il ritorno dell’incolto e delle valli: gli abitanti così si allontanarono lasciando un territorio desolato, frequente alle inondazioni, abbandonando una chiesa in rovina di cui resta, come punto di riferimento, quel campanile che dà il toponimo all’omonimo centro abitato.
Proseguendo si tocca San Lorenzo: le prime notizie di questa frazione del comune di Lugo che si incontra sulle sponde del Santerno, risalgono al XV secolo quando con il nuovo corso del fiume e della strada ad esso parallela in direzione di Ferrara, sorsero nuovi insediamenti tra cui il villaggio di San Lorenzo in Selva, con l’omonima parrocchia e più a Nord, su un dosso fluviale, quello di San Bernardino in Selva.
La via Fiumazzo, già via del Fiunazzo, vecchio alveo del Santerno in capo a San Lorenzo che passa per le località di Torre e Belricetto fino a Passogatto, racconta nella sua etimologia le trasformazioni legate al percorso del fiume e agli interventi dell’uomo.

Per approfondire il tema de “La configurazione territoriale, la rete fluviale e i percorsi idrografici della Bassa Romagna”, clicca qui
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Mappa delle fontane realizzata da Ciclo Guide Lugo

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