Francesco Berti, patriota risorgimentale, nacque a Bagnacavallo nel 1788 e morì nel vallone di Rovito nel 1844.
Nel 1812 Francesco partì al seguito dell’armata napoleonica e prese parte a diverse battaglie, tra cui quella di Lipsia del 17-18 ottobre 1813.
Ritornato in patria nel 1818, si dedicò al mestiere di fornaciaio insieme al padre a Lugo.
Nel 1831 venne arrestato e condannato a dieci anni di carcere per aver partecipato all’omicidio dei fratelli Antonio e Carlo Gallignani, fedelissimi del potere pontificio.
Nel 1836 venne graziato ma costretto all’esilio. Imbarcatosi ad Ancona per il Brasile. la nave si fermò a Zante a causa di una burrasca. Berti restò nell’isola per trasferirsi poi a Corfù dove conobbe nel 1844 i fratelli Bandiera, anch’essi in esilio per aver disertato la marina austriaca.
A Corfù i fratelli Bandiera, con altri esuli affiliati alle sette segrete che avevano nell’animo di spodestare i poteri costituiti per creare una Italia unita e libera, si diressero nel giugno del 1844 in Calabria per guidare una spedizione che aveva come scopo quello di destituire il Re. Una volta arrivati, appresero tuttavia la notizia che la rivolta era già avvenuta, ma decisi a insorgere nuovamente si diressero verso Cosenza. Un componente della banda, tale Boccheciampe, li tradì, denunciandoli ai gendarmi che li arrestarono, ed il 24 luglio la Commissione militare li condannò a morte. Dei 17 condannati 8 ebbero commutata la pena in ergastolo, pena poi amnistiata nel 1846. Gli altri, tra cui Berti, vennero fucilati e caddero gridando “Viva l’Italia”.
Solo dopo la conclusione del processo di unità nazionale, Berti e i fratelli Bandiera furono elevati al rango di eroi e di martiri caduti per l’indipendenza e l’Unità italiana e come tali vennero ricordati e celebrati.
Nel 1910 le spoglie di Berti rientrarono in patria e per tale occasione venne organizzata una grande manifestazione cittadina per tumulare le ossa di Berti nel cimitero comunale.
Nel 1929 un anziano garibaldino, Vittore Lugaresi, chiese al podestà di Bagnacavallo una destinazione più degna delle ossa del Berti. La proposta del garibaldino non trovò una degna risposta fino all’anno 1934 quando, anche su sollecitudine dell’arciprete monsignor Antonio Galassini, si decide di trasferire i resti del Berti dal cimitero al Sacrario dei Caduti, luogo destinato alla memoria dei martiri bagnacavallesi.