Ville degli anni ’20 e ’30 del Novecento a Lugo
Una passeggiata nel centro di Lugo ammirando edifici che ancora oggi ci raccontano dello stile Liberty dei primi del Novecento.
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Gli “orti” di San Domenico
L’attuale zona dei viali Bertacchi e Miraglia era un tempo proprietà della Chiesa di San Domenico, della quale sopravvivono il chiostro, il campanile e l’ex convento, attualmente adibito a residenza sanitaria. I domenicani si erano insediati a Lugo dal 1490: domenicani furono lughesi illustri, come Giuseppe Compagnoni, padre del tricolore, o i cardinali Francesco Bertazzoli e Tomaso Emaldi. Con l’occupazione francese del 1796 e la cacciata degli ordini religiosi, la struttura e i relativi terreni vennero requisiti dalle autorità civili; nel 1862 gli immobili divennero proprietà del Comune, che trasformò la chiesa in magazzino e il convento in caserma, e successivamente – visto il grande bisogno di alloggi – in case popolari. Nel 1914 fu ultimata la stesura di un nuovo piano regolatore che, accantonato durante la Grande Guerra, verrà deliberato solo nel 1923. Fortunatamente alcune previsioni di quel progetto non vennero mai attuate, come la demolizione del teatro Rossini, ritenuto fatiscente e non più adeguato alle esigenze moderne, o la demolizione dell’intero isolato di Vicolo Canattieri (presso Via Cento). Il notevole incremento demografi postbellico acutizzò il problema del reperimento di nuovi alloggi, ragion per cui il piano previde nuove zone di espansione urbana; alcune erano destinate ad abitazioni popolari, come gli isolati tra le vie Passamonti e Circondario Sud, mentre gli “orti” di San Domenico (attuali viali Bertacchi e Miraglia) erano riservati a una fascia più elevata: una maglia ortogonale di nuove strade suddivideva il terreno in grandi lotti destinati a residenze borghesi.
I giudizi su questa scelta furono contrastanti: per qualcuno l’accostamento dei pretenziosi villini alle modeste case vicine fu giudicato inopportuno, mentre per altri magnificavano il quartiere di moderna architettura. Nel 1927 la creazione di Via Biancoli tra Corso Garibaldi e Via Emaldi (per collegare la stazione ferroviaria al Circondario Ponente) valorizzò ulteriormente la zona. Durante il secondo conflitto mondiale i partigiani, che nel frattempo avevano occupato militarmente la città, convinsero il comando inglese che poteva entrare in città senza farsi precedere da un bombardamento. È questa la ragione per cui il centro storico è sopravvissuto agli eventi bellici ma non agli anni del boom economico, in cui gran parte di esso è stato demolito e ricostruito. Sorte a cui fortunatamente i villini sono sfuggiti.
(Testo di Arch. Silvana Capanni, Mappa “Tra eclettismo e art déco a Lugo”)
Decorazioni Liberty a Lugo
Il Liberty, diffuso in Romagna tra la fine dell’800 e primi del 900, anche con edifici significativi (tra i quali il Grand Hotel di Rimini, realizzato dall’architetto uruguaiano Paolo Somazzi e inaugurato nel 1908), si presenta in ritardo anche nell’entroterra ravennate, nel territorio storicamente definito “Bassa Romagna”. A Lugo, nel percorso circoscritto tra Viale degli Orsini, Viale Bertacchi e Viale Miraglia, un crocevia di viali alberati, si possono ammirare i migliori esempi conservati di decorazione dello stile Liberty, anche se ormai tardo perché la maggior parte delle ville è databile tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento, con
motivi geometrico-floreali che tuttavia rimandano alla grandeur di quel momento storico-economico e culturale che è stata la Belle Époque. È possibile visionare dall’esterno queste ville e osservarne gli aspetti decorativi, ottenendo una campionatura accurata. Alcune presentano un recupero di elementi di gusto neomedievale o neorinascimentale (02, 14, 15 e 15a: in quest’ultima, in angolo tra Viale Miraglia e Via Amendola, si noti la struttura in mattoni rossi e decori in pietra grigia, ornata con cornicioni classicheggianti e anse e volute di stampo più manierista; la decorazione della villa non appare più come una scultura sovrapposta all’architettura, ma come un elemento connaturato all’edificio stesso, di cui sottolinea forma e struttura). In altri casi si passa invece da tarde cadenze Liberty a geometrizzazioni tipiche dell’Art Déco (01A, 06, 07, 12, 20a), per alcune delle quali è certa la progettazione dell’architetto Carlo Paolo Visani (Villa Molinari in Viale Orsini, Ville Gardenghi e Guiducci in Viale Bertacchi, databili tutte tra il 1923 e il 1924), per altre sembrano possibili interventi di Roberto Sella, artista lughese noto per aver decorato vari edifi ci lughesi e faentini, nonché la Cappella Baracca nel Cimitero Comunale (1924). Fa eccezione Villa Guiducci (25), in cui il sottogronda presenta una decorazione a putti e festoni realizzata da Domenico Pasi detto Nino, rielaborando un’elegante invenzione di Galileo Chini (25a).
(Testo di Dott. Giorgio Martini, Mappa “Tra eclettismo e art déco a Lugo”)
Tra Eclettismo e Art Déco
Chi a Lugo percorra i viali Miraglia, Bertacchi e degli Orsini, noterà i numerosi edifici residenziali che, pur nella loro diversità di struttura e dimensione, sono in gran parte accomunati da caratteristiche stilistiche costruttive e decorative. Sono i “villini” della neo borghesia lughese del primo dopoguerra, abitazioni unifamiliari progettate e realizzate con riferimenti allo stile Eclettico, all’Art Nouveau
(in Italia Liberty) e a quello che dalla seconda metà degli anni venti verrà chiamato lo stile Déco, alcune delle quali progettate da artisti lughesi fra i quali l’Architetto Carlo Paolo Visani. Questa nuova tipologia edilizia contribuirà di fatto a determinare il primo netto affrancamento dal tessuto edilizio storico tipico della città. Michele Rossi, farmacista di professione, già nel 1925, quindi a inizio lavori, prevedeva
significato e importanza di quest’area di nuova edificazione: “Negli ex orti detti di San Domenico, dove si parlò un tempo di costruire l’Ospedale, è sorto un numero considerevole di villini con moderna architettura. Quando le strade saranno ultimate, adorne di alberatura ed altri fabbricati aggiunti, tutto fa credere che diventerà questa una delle passeggiate più simpatiche e preferite” (Michele Rossi, Guida di Lugo, Ferretti & C. Editori, 1925, Lugo).
Nel nostro territorio le specificità e i particolari caratteri stilistici di questi edifici erano una traduzione in loco di esperienze artistiche e architettoniche nazionali e internazionali, dimostrando ancora una volta, anche in questo campo, la notevole propensione e capacità della “piccola Lugo” all’assimilazione delle nuove idee stilistiche ed estetiche nate ed elaborate nelle grandi città europee, a cominciare da Parigi. Nella capitale francese proprio il 1925 aveva visto il grande successo della Esposizione Internazionale di Arti Decorative e Industriali Moderne, consacrando definitivamente l’evoluzione verso questo nuovo stile, il Déco, che integrava in se stilemi antichi, greci, romani, orientali, rinascimentali con forme tipiche del cubismo e della pittura futurista e metafisica, lasciando spazio a raffi nati innesti decorativi che includevano anche l’uso di nuovi e spesso costosi materiali, dall’acciaio inossidabile all’alluminio, da pelli di animali esotici a intarsi di legno, a marmi di grande rarità. Nei nuovi edifici sono di moda eleganti colonnine, porticati, forme simmetriche e geometriche che determinano superfici nette e stagliate. Il Déco, ultima frontiera estetica del Liberty, si inseriva nel clima di modernità avviato a inizio secolo da artisti, architetti, decoratori che riconoscevano l’importanza sociale della riproducibilità e applicabilità diffusa, in particolare nel campo edilizio e dell’arredamento. Si sviluppa così una produzione
architettonica che ha ormai “asciugato” le ricche modulazioni decorative tipiche degli anni precedenti, compreso l’Art Nouveau, senza tuttavia eliminare del tutto gli ornati e senza ripescare i repertori eclettici del recente passato. È in sostanza una via mediana fra l’horror vacui del Liberty e il rifiuto della decorazione del razionalismo. Il Déco più autentico rappresenta così la naturale prosecuzione del Liberty e in generale dell’Art Nouveau e si pone come alternativa alle espressioni più decise e totalizzanti del razionalismo, nemico di ogni ornato. Questo stile non rivoluzionario ma moderno in
Italia ha influenzato non solo le arti applicate e l’architettura, ma ha marcato in misura più o meno incisiva anche molti assetti urbanistici (il quartiere Monteverde di Roma, le sale del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera, alcuni quartieri a Milano, Catania, Bologna, ecc.).
In Emilia-Romagna, dove in quei decenni erano ancora attivi gli epigoni medievalisti del Rubbiani e i difensori del monumentalismo eclettico di inizio secolo, troviamo echi dello stile Déco soprattutto in edifici privati nei quali, accanto ai motivi geometrici, ad onda di mare, a fregi a zig zag, a greche, ecc., si vedono anche richiami fitomorfici, palme, nicchie di finte finestre, stilizzazione di mascheroni, cornici
con decorazioni semplici in simmetrie non ossessive.
Queste caratteristiche architettoniche e decorative tipiche dello stile Déco le ritroviamo anche nei villini lughesi, testimonianza ormai secolare del gusto di un’epoca e del suo sentire estetico.
(Testo di Dott. Antonio Curzi, Arch. Giovanni Liverani, Mappa “Tra eclettismo e art déco a Lugo”)