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CHIESA DI SAN GIUSEPPE IN CHIESANUOVA

La Chiesa, costruita nell’arco di poco più di un anno e mezzo dalla posa della prima pietra avvenuta il 9 dicembre 1715 a cura di Don Marcantonio Faggioli parroco di San Bernardino, viene consacrata il 20 giugno 1717 da Mons. Camillo Spreti, Vescovo di Cervia, e dedicata a San Giuseppe.

Artefice ne fu Don Francesco Belletti dei Filippini di S. Lorenzo in Selva che diede ordine di costruire, sopra un fondo di sua proprietà, quella che allora si presentava come una chiesina-oratorio con campanile e canonica. Don Belletti fece altresì erigere, accanto al complesso religioso, un ospizio per il ricovero degli ammalati che fungesse anche da asilo per i viandanti ed i pellegrini che provenivano dal veneto e dal ferrarese per dirigersi verso i santuari e i luoghi di culto del centro e sud Italia. Il territorio sul quale sorgeva allora la Chiesa di San Giuseppe apparteneva alla Parrocchia di San Bernardino in Selva: solo nel 1721 a seguito di una supplica rivolta da Don Belletti direttamente a Papa Clemente XI Albani, con decreto della Congregazione Romagna del 19 ottobre dello stesso anno, la Chiesa acquista dignità parrocchiale assorbendo metà del territorio della Parrocchia di San Bernardino ritenuta “troppo vasta per i suoi abitanti, numerosi e bisognosi di cure spirituali”. Entrarono così a far parte della nuova Parrocchia di San Giuseppe gli Oratori di Passo del Gatto, dell’Arginino, della Marmana e della Turaza (o Turazza o Torrazza).

Delle spese per la costruzione e l’arredo della Chiesa abbiamo notizia da un promemoria della visita del Cardinale Bandi dove il costo sostenuto da Don Francesco Belletti viene quantificato in 4.000 scudi. La facciata esterna della Chiesa si apre su una piazza ottocentesca, fatta molto probabilmente costruire da Don Grisostomo Bondoli (Rettore della Parrocchia dal 1822 al 1869 e unico parroco di origini voltanesi, membro della famiglia Bondoli-Ortolani) a “segnare il punto non valicabile delle acque quando d’inverno si allagava molto terreno”. La Chiesa è dotata di una torre campanaria arricchita da tre campane (requisite per esigenze belliche e rifuse nel secondo dopo guerra), realizzate in anni diversi da Giacomo e Francesco Landi di Imola, mentre il tetto quale lo vediamo oggi a quattro spioventi era inizialmente “a cipolla”: fu a seguito di un fulmine che all’inizio del Novecento assunse la forma attuale.
Anticamente all’interno della Chiesa erano presenti tre altari: oltre al maggiore, raffigurante San Giuseppe, quello dedicato alla Madonna del Rosario e quello dedicato a Sant’Antonio da Padova, entrambi con relativa statua. Nella Chiesa erano presenti anche tre sepolcreti (della famiglia Bondoli-Pastorelli, dei Parroci e della Confraternita o del Santissimo Sacramento o di San Giuseppe) le cui lapidi di accesso sono state incamerate nell’odierno pavimento fatto nel 1965 con materiale di scarto. Alle pareti laterali interne si trovano dipinti raffiguranti le icone della Via Crucis comprate da Don Belletti a Bologna mentre gli affreschi dell’abside sono opera di Carlo Ruina, nonno di Don Giuseppe Stagni rettore della Chiesa dal 1920 al 1960.
Molto ricco e interessante per gli studiosi di genealogia è infine l’archivio parrocchiale che, oltre ai registri delle anime, conserva una serie di opuscoli noti come “libri-ricordi” per le notizie di cui sono testimonianza.

Fonti: G. Manzoni, Le piccole località del territorio di Voltana, Fatti e gente di casa nostra, Almanacco 1990 di Voltana e dintorni; Parrocchia di San Giuseppe Chiesanuova di Voltana, La nostra storia dal 1721 … ai giorni nostri, Angelini Editore, Imola, 2010

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