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LA SETTIMANA ROSSA

Settimana rossa Alfonsine“Non v’è dubbio che se Ancona fu il centro irradiante della Settimana Rossa, Alfonsine ne rappresentò per molti aspetti l’apoteosi, il luogo insieme fisico e simbolico, dove il miraggio rivoluzionario raggiunse il culmine, rendendo il nome di questa piccola cittadina a nord ovest di Ravenna celebre in tutta Italia” (da Settimana Rossa e dintorni di Alessandro Luparini).

La Settimana Rossa fu un moto a carattere insurrezionale – così scrive Alessandro Luparini in Settimana Rossa e dintorni –  che attraversò l’Italia nel giugno del 1914, alla vigilia del primo conflitto mondiale.
Tutto ebbe inizio con le manifestazioni antimilitariste indette congiuntamente dalle forze dell’estrema sinistra (socialisti, repubblicani, anarchici, sindacalisti rivoluzionari) per domenica 7 giugno, festa dello Statuto, giorno caro all’Italia monarchica e liberale.
La causa scatenante fu la morte di tre giovani lavoratori avvenuto ad Ancona per l’intervento dei carabinieri contro i manifestanti: due repubblicani Antonio Casaccia di 24 anni e Nello Budini di 17 anni, che morirono all’ospedale, e l’anarchico Attilio Giambrignani, di 22 anni, morto sul colpo.
Episodi tragici di questo tipo erano accaduti sovente in quegli anni. Quello di Ancona fu la goccia che fece traboccare il vaso. Socialisti, repubblicani ed anarchici, dopo anni di divisioni e scontri fisici tra di loro, si trovarono, per una volta, uniti. In tutte le grandi città, dal Nord al Sud d’Italia, ci furono manifestazioni per strada e scontri violenti tra carabinieri e manifestanti con decine di morti, alcuni anche tra le forze dell’ordine.

Ma solo in Romagna la popolazione credette che la Rivoluzione fosse alle porte. La sognavano e l’auspicavano i repubblicani che volevano cacciare la monarchia, dopo il fallito tentativo del 1848-49 con la Repubblica Romana instaurata da Mazzini e Garibaldi. La predicavano da sempre i socialisti che volevano la “dittatura del proletariato” come diceva Karl Marx. La sognavano gli anarchici che con Bakunin volevano abbattere ogni forma di potere: stato, padroni, monarchia, chiesa.

Con i fatti della Settimana Rossa, Alfonsine visse un’esperienza particolare che le procurò una sinistra fama nella geografia del ribellismo nazionale.
Fra tutti i minori centri romagnoli, infatti, Alfonsine è di certo quello dove avvennero gli episodi di maggior violenza e dove gli insorti si scagliarono maggiormente contro i simboli dell’oppressione. Il 10 e 11 luglio del 1914 vennero, infatti, incendiati il Palazzo Comunale, la pretura e la stazione, il circolo monarchico fu devastato, il Ponte sul Senio danneggiato, la Chiesa Arcipretale assalita e di gli arredi sacri dati alle fiamme.
Riconquistato il Comune, i socialisti accusati di essere stati i promotori dello sciopero insurrezionale del giugno del 1914 dovettero abbandonare, dopo appena due anni di governo, il 31 agosto 1922,  il ruolo di amministratori, estromessi dalla nuova maggioranza fascista.
Sopravvisse una opposizione repubblicana costretta poi a cedere quando su di essa si abbatté la violenza del nuovo potere. Le squadre fasciste non fecero discriminazione nei loro assalti alle sezioni socialista e repubblicana, alla Casa del Popolo e alla associazione combattenti.

(Info dal sito Alfonsine mon amour)

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