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Depositi di arte, fede e idee

Nell’immaginario comune, il museo è visto come un contenitore di opere d’arte che ci permette di immergerci nel passato. Spesso, però, non si presta attenzione alle origini di tali depositi culturali e non ci si rende conto che talvolta queste antiche memorie sono giunte fino a noi per volontà di collezionisti e studiosi, che hanno speso parte della loro vita per creare dei veri e propri percorsi di opere. È il caso delle collezioni conservate nel Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo o del corpus di ceramiche devozionali del Museo di San Rocco a Fusignano. Oltre a questo tipo di “raccolte” esiste anche un’altra forma di salvaguardia del passato, che non si limita agli oggetti e alle testimonianze materiali, ma preserva anche valori immateriali, legati a persone o a eventi. Ne è esempio emblematico il Museo Baracca che restituisce al visitatore la quotidianità dell’eroe dei cieli; oppure Casa Varoli che fa rivivere uno spazio pregno di spirito creativo; e ancora la Casa Museo di Vincenzo Monti, luogo in cui il poeta nacque e visse e in cui vide la luce anche parte della sua opera letteraria.

Museo Varoli Cotignola

INFORMAZIONI PRATICHE

INFO

  • Interessi:Cultura, conoscenza del territorio, storia
  • Durata: 48 h
  • Lunghezza: 52 km
  • Target: Gruppi, Amici, Coppie
  • Quando: Tutto l’anno

MAPPA

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PERCORSO

PRIMA TAPPA
Museo Civico delle Cappuccine – Bagnacavallo

L’Ordine delle Suore Cappuccine di clausura, presenti a Bagnacavallo fin dal Settecento, ancora nei primi anni Settanta del secolo scorso trovava posto in questo ampio convento. Con il venir meno dell’istituzione religiosa il Comune acquistò l’intero complesso per destinarlo a polo culturale cittadino. Così, grazie a importanti restauri l’antico convento poté ospitare inizialmente la Biblioteca Taroni e in seguito custodire il primo embrionale nucleo di opere d’arte di quello che sarebbe diventato, nel 2008, il Museo Civico delle Cappuccine.
Il percorso espositivo è organizzato in sezioni distinte. Un primo nucleo, allestito nella suggestiva sala delle capriate, consiste in una collezione di arte antica, prevalentemente dipinti, che abbraccia un arco temporale che va dal XIII secolo, con il lacerto d’affresco di Scuola Riminese che rappresenta il santo francescano San Lodovico da Tolosa, fino alla fine del XIX secolo.
Di grande interesse storico-artistico è poi la sezione dedicata alle arti figurative d’età moderna e contemporanea, in cui tra l’altro spiccano di due artisti locali, Edgardo Saporetti e Giuseppe Rambelli – quest’ultimo, allievo di Giovanni Fattori, svolse gran parte della sua attività a Firenze.
Trait d’union tra primo Novecento e secondo dopoguerra è la sezione dedicata al pittore Enzo Morelli (1896-1976), vanto dell’arte bagnacavallese seppure vissuto prevalentemente in Lombardia, dove ha operato e raggiunto la notorietà: al primo nucleo di sue opere donate a questo museo nel 1977, si è poi aggiunto, nel 1986, un più vasto patrimonio, ovvero una ventina di dipinti, diverse carte intelate e cartoni preparatori, più di 2.000 tra disegni e acquerelli, nonché l’archivio personale dell’artista con un prezioso fondo bibliografico d’arte.
L’arte moderna e contemporanea trova posto anche in un lungo corridoio dove è collocata una notevole collezione di sculture, donata nel 1976 dall’ingegnere e medico faentino Vittorio Dal Borgo opere in bronzo, gesso, terracotta e marmo realizzate da alcuni tra i più noti scultori del Novecento, tra cui si segnalano una preziosa testina bronzea, l’Enfant juif, del grande scultore Medardo Rosso e il bassorilievo in bronzo di Giacomo Manzù raffigurante la Deposizione dalla croce.
Dal 1990, inoltre, è allestito un Gabinetto delle Stampe Antiche e Moderne, che conserva una preziosa e consistente donazione di stampe antiche destinata al Comune dal collezionista parmense di origini bagnacavallesi Emilio Ferroni: si tratta di un ricchissimo patrimonio di opere grafiche (oltre un migliaio di fogli), da Dürer fino agli autori contemporanei. Ad essa si affianca il Fondo Incisioni Contemporanee con una collezione di circa 11.000 fogli acquisiti per donazione dei singoli autori ai quali il museo ha dedicato eventi espositivi.

 

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SECONDA TAPPA
Museo Civico Varoli – Cotignola

Nella casa del Maestro Luigi Varoli si sono ritrovati e formati gli artisti di un’intera generazione della nostra provincia. Ancora oggi queste stanze trascinano il visitatore nell’atmosfera di una casa d’artista, animata da crani di animali, muti burattini, numerosi gessi, strumenti musicali, maschere, fotografie del primo Novecento, ex voto, crocifissi lignei, mobili antichi e una piccola ma preziosa biblioteca, in cui spicca il libro di Depero Dinamo. E il suo misterioso fascino si estende al grazioso giardino ricco di reperti. Insomma, qui si respira il particolare clima culturale che circondava questo straordinario artista – figura per certi versi isolata e radicata ai suoi luoghi d’origine – attraverso un percorso che mette in luce le differenti tensioni della sua poetica.Luigi Varoli Cotignola Qui Varoli sapeva infondere passione e curiosità: la sua vocazione pedagogica e la generosa energia che emanava dalla sua personalità, hanno trasformato questa casa in un punto di riferimento per molti artisti come Umberto Folli, Giulio Ruffini, Gaetano Giangrandi, Renzo Bandoli, Primo Costa, Sante Ghinassi, Fioravante Gordini, Antonio Guerrini, Aristodemo Liverani, Ettore e Domenico Panighi, Giovanni Savini, Olga Settembrini, Renzo Morandi, il musicista Genunzio Ghetti e tanti altri.
In queste stanze anche i dibattiti politici trovavano un palcoscenico favorevole: le idee nuove e l’aspirazione alla libertà erano i temi preferiti. Non è un caso che negli anni bui delle leggi razziali emanate dal governo fascista proprio tra queste mura molti ebrei poterono trovare la salvezza. Un grande gesto eroico pregno d’impegno civile e umanitario che ha valso al maestro Varoli il titolo di Giusto fra le Nazioni.
Artista dotato di grande carica umana, ha svolto l’importante ruolo di “conservatore” delle memorie della sua comunità: nella sua casa e nel suo cortile ha raccolto e protetto opere d’arte, arredi, oggetti di uso comune e anche reperti archeologici, parte dei quali custoditi oggi nella nuova sala archeologica comunale.
È di fronte al cortile di Casa Varoli, al primo piano di Palazzo Sforza, che il Comune di Cotignola ha realizzato il Museo Varoli, che espone le opere che il Maestro gli ha lasciato.

 

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TERZA TAPPA
Museo Baracca e Casa Rossini – Lugo
  • Museo Baracca : il Museo ha sede nell’antica dimora signorile della famiglia d’origine di Francesco Baracca: una struttura sottoposta a rifacimento nel 1916, nel segno di quello stile eclettico e contaminato da richiami Liberty tanto di moda in quegli anni – nella fascia del cornicione abbondano gli elementi decorativi, corone con festoni riportanti la scritta “W Trento e Trieste” e ghirlande a bassorilievo tra le porte finestre rettangolari con balaustre liberty in ferro; una fascia composta di piastrelle in ceramica smaltata introduce il cornicione a mensole.
    Il nuovo allestimento, del 2015, è arricchito da documenti, cimeli, arredi e reperti che narrano la vicenda umana dell’eroe dei cieli. Il piano terra è quasi interamente dedicato alla tecnica: al centro della narrazione vi è la principale attrazione del museo, l’aereo di Baracca, lo SPAD VII S 2489 di fabbricazione francese (1917), posizionato come a evocare l’idea stessa del volo. Dalle pareti due frasi tratte dall’epistolario dell’Asso del 1912 sembrano staccarsi e librarsi in aria: una richiama la meraviglia del volo, l’altra profetizza l’avvenire radioso dell’aviazione. E non mancano alcuni cimeli derivanti dagli aerei abbattuti e scelti dallo stesso Baracca a testimonianza delle più moderne tecnologie dell’epoca. Al primo piano, l’attenzione si sposta sulla formazione e sulla persistenza del “mito” di Baracca, attraverso lettere, giornali e pubblicazioni diverse. Ci si inoltra poi nella dimensione privata dell’eroe, con la ricostruzione della sua camera da letto e l’esposizione di alcuni oggetti personali, come la raccolta di medaglie, alcuni attestati e riconoscimenti del periodo 1915-18, accompagnati inevitabilmente dalle parole che Gabriele D’Annunzio pronunciò sul suo feretro. L’ultimo piano è infine dedicato alle cartoline di propaganda della Grande Guerra, (la “Collezione Baldini” dai donatori) mentre, in una piccola saletta, si può ammirare la riproduzione di una trincea con l’equipaggiamento in dotazione alla fanteria e all’artiglieria austriaca arricchita da cimeli sempre della Prima guerra mondiale, come elmetti, fucili, mitragliatrici…Francesco Baracca Lugo

Ma a Baracca la città riserva un ideale itinerario, che parte dal Museo per proseguire al Monumento all’Eroe, progettato e realizzato (1936) dallo scultore faentino Domenico Rambelli, giudicato una delle massime espressioni della scultura italiana del Novecento, e chiudersi presso il cimitero cittadino con la Cappella sepolcrale, decorata dal lughese Roberto Sella, al cui interno si può ammirare il maestoso sarcofago fuso col bronzo dei cannoni austriaci del Carso.

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  • Casa Rossini: la Casa-Museo Gioachino Rossini è un edificio che fu abitato per lungo tempo dalla famiglia Rossini. Di proprietà del padre di Gioachino, la famiglia vi abitò fino al 1790. Di ritorno da Pesaro, città in cui i Rossini si era trasferiti, la casa era già stata occupata e quindi si stabilirono in un’altra casa nel lughese. Il Museo Rossini è composto di cinque sale, un breve corridoio e una fascinosa, sebbene minuscola scala ‘biografica’, che porta al piano superiore della Casa.
    Il filo conduttore che accomuna gli spazi museali è la musica. Lungo un breve tratto di corridoio, il racconto biografico accompagna alla Stanza del prodigio , inaugurata già nel dicembre 2018. Qui si offre il primo gioiello della casa: l’ascolto delle Sei sonate a quattro, composte durante gli studi a Lugo. Non appena il visitatore apre uno dei quattro spartiti, appoggiati su altrettanti leggii al centro della sala, prende avvio la linea melodica corrispondente, mentre la partitura di riferimento s’illumina in grande formato sui pannelli alle pareti. Quando tutti gli spartiti siano aperti, la composizione risuona per intero e il visitatore si ritrova avvolto dalla musica.
    Il percorso continua al primo piano, con la Stanza della mappa: una distesa di cupole in cristallo, disposte lungo un sinuoso tavolo, disegna la grande mappa delle “geografie” di vita e lavoro del Maestro. Non appena si solleva una delle cupole, risuonano le note di una sua composizione. Di fronte, si entra nella Stanza della risonanza: una folata di parole sussurra ciò che scrittori, filosofi, musicisti e scienziati di tutto il mondo hanno detto di Rossini. Parole che trovano naturale riscontro nella piccola libreria sospesa, offerta alla consultazione.
    Ridiscesi al piano terra, si entra nell’ultimo spazio, la Stanza della dispensa. La ben nota passione di Rossini per la cucina affiora nei titoli dei suoi piccoli “peccati di vecchiaia”, composizioni spesso ironicamente intitolate a nocciole, rapanelli, sottaceti, fichi secchi e altro. Aprendo i cassetti della dispensa, ne scaturisce, in tutt’uno con la musica di Rossini, l’interpretazione visiva che ne dà Massimo Pulini, primo artista coinvolto nell’ambizioso progetto di tradurre in immagini le prelibatezze del Maestro.

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QUARTA TAPPA
Museo Civico San Rocco – Fusignano

Istituito come Museo dall’Amministrazione Comunale nel 2001, il complesso di “San Rocco” che ne è la sede già da diversi anni era luogo di importanti incontri e mostre.
L’edificio, risalente al Cinquecento, costruito come Hospitale dè Pellegrini e divenuto poi Ospedale dei Poveri Infermi, è stato oggetto di un lungo e laborioso restauro, e ospita la bella e ricca collezione permanente di targhe devozionali in ceramica donate al Comune dal prof. Sergio Baroni in memoria dei propri genitori. Si tratta di una raccolta preziosa e unica costituita di oltre 200 esemplari, risultato dell’incontro e della collaborazione tra un collezionista come Vincenzo Baroni (appunto il padre del donatore) e un raffinato studioso quale il fusignanese Mons. Antonio Savioli, scomparso nel gennaio 1999, che tanto tempo dedicò allo studio e alla ricerca dell’iconografia mariana nelle targhe devozionali della Romagna – a legare i due, fin dalla prima giovinezza, era un rapporto di amicizia e stima.
Si tratta di un corpus di immagini e manufatti ceramici prodotti dal sec. XVI a tutto il sec. XX che, tra l’altro, rappresentano una complessa e ricca fonte di informazioni per ricostruire la storia della devozione popolare. Caratterizzate da svariate forme e dimensioni, le targhe sono infatti espressione figurativa della cultura popolare religiosa, sia emiliano-romagnola sia di altre regioni italiane – ci sono anche due pezzi provenienti da Spagna e Francia. Tradizionalmente le targhe erano murate sopra le porte d’ingresso, soprattutto in campagna, per propiziare il soccorso della Vergine e dei Santi. L’iconografia conta per lo più raffigurazioni legate alla pietà mariana con una sorprendente ricchezza di soggetti: Madonna delle Grazie, del Rosario, del Carmelo, del Buon Consiglio, della Cintura, dell’Angelo, del Conforto ecc. Altre raffigurano Santi invocati come protettori e ausiliari: S. Antonio Abate, S. Vincenzo Ferreri, S. Guglielmo, S. Cristoforo, S. Filomena, S. Antonio da Padova, S. Giuseppe. Altri più rari soggetti sono la Natività, la Sacra Famiglia e il Presepe, mentre pezzi rari sono una Madonna col Bambino di produzione riminese datata 1660 e un’altra prodotta a Montelupo del 1661.
La terra e lo spirito
Al primo piano del Museo, nel 2019 è stata inaugurata una nuova esposizione: un vero e proprio viaggio attraverso la storia di Fusignano. Curato dall’architetto Antonio Ravalli, il percorso vuole infatti vuole raccontare le origini e lo sviluppo del paese attraverso immagini e oggetti significativi.
Dunque, la narrazione storica si dipana dalla nascita del territorio di Fusignano, da come l’uomo si è ripreso la terra e come l’ha modellata, fino alle storie delle casate fusignanesi, dei personaggi illustri, da Arcangelo Corelli a Vincenzo Monti, alla distruzione causata dalla Seconda Guerra Mondiale e alla successiva rinascita, approdando a un oggi che, consapevole del proprio passato, guarda con fiducia al futuro. Parallelamente al percorso storico si sviluppa quello artistico che rende omaggio a tre grandi artisti del luogo, i pittori Annibale Luigi Bergamini e Francesco Verlicchi e lo scultore Raoul Vistoli.

 

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QUINTA TAPPA
Casa Vincenzo Monti – Alfonsine

In via Passetto sorge un palazzo immerso nella campagna: costruito da Matteo Tamburini, nel 1737 lo acquistò Fedele Monti, padre del poeta Vincenzo che qui nacque, e la famiglia Monti ne conservò la proprietà fino al 1914.
La casa è inevitabilmente legata al destino di Vincenzo Monti (1754-1828), massimo esponente del neoclassicismo italiano, traduttore di Omero e di Voltaire, studioso e riformatore della lingua italiana, uomo di cultura a tutto tondo che visse in un periodo storico scosso da avvenimenti politici eccezionali (la Rivoluzione Francese, l’arrivo in Italia di Napoleone Bonaparte, la Restaurazione…) e che rifletté, con la parola e il pensiero, il succedersi di tali trasformazioni. Un intellettuale che fu amico intimo del Foscolo, fu ammirato da Manzoni e Leopardi, frequentò i salotti letterari di Roma, Milano, Parigi e ottenne la cattedra di Eloquenza all’Università di Pavia.Vincenzo Monti
L’edificio è stato restaurato in un primo tempo dal Comune di Alfonsine nel 1954, in occasione del bicentenario della nascita del poeta; una seconda fase di ristrutturazione, grazie all’interessamento dell’industriale Marino Marini, si è conclusa nel 1978, ma il recupero è stato portato a termine nel 1998, nel rispetto delle caratteristiche architettoniche settecentesco, per essere inaugurato nel 2001.
Il percorso museale è ospitato al piano nobile. La prima sala, detta “della culla”, conserva alcuni arredi d’epoca tra i quali spicca appunto la culla appartenuta alla famiglia del poeta. Si prosegue nella sala dei documenti in cui sono raccolte pregevoli edizioni originali delle opere del poeta che ripercorrono tutta la sua carriera, dalla cosiddetta fase romana fino a quella napoleonica. Si tratta di edizioni rare perché di limitatissima tiratura. Tra le opere di maggior interesse si segnala la celebre Bassvilliana, un poemetto, composto nel 1793, di quattro canti in terzine dantesche così forbite ed eleganti da indurre alcuni critici del tempo a definire il Monti “Dante redivivo”.
Nella stessa sala sono esposte alcune copie di carteggi intercorsi tra il Monti e un giovane Manzoni oltre al Leopardi; poi diplomi e riconoscimenti conferiti al poeta da tutte le più celebri Accademie Letterarie italiane. Segue la Sala Montiana che, allestita nel 1928 in occasione del primo centenario della morte del poeta, costituisce il primo nucleo del Museo: al centro si innalza, oggi come nel 1928, il prezioso busto marmoreo realizzato da Cincinnato Baruzzi, mentre le decorazioni si devono al pittore alfonsinese Marcello Mariani – alle pareti una serie di festoni nei quali sono contenuti i titoli delle principali opere montiane, mentre sul soffitto spiccano le parole che compongono l’epitaffio funebre scritto dal Manzoni.

 

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